
"Chi ben comincia, finisce male. Chi comincia male,
finisce peggio." - Legge di Pudder
Ora già da Città Studi a Lorenteggio è una vasca ma poi da Lorenteggio a Bovisa e poi da Bovisa a Lorenteggio e da Lorenteggio di nuovo a Città Studi, cazzo la medaglia d’oro dovevano darla a me non a Di Centa!
Il mio programma teatral-culturale salta per cause di forze maggiore: sala piena, ma quando pensi che passerai la serata davanti alla tv spulciando tra i replay delle più belle medaglie olimpiche e i fogli elettronici incancreniti della tua tesi, arriva una telefonata che pare aprirti la strada a ben altro e più piacevole epilogo1. “Siamo in Wagner a fare un aperitivo, pasta da un’amica e poi festa in un mobilificio in bovisa. Perché non ci raggiungi?” – La compagnia è buona, persone che non vedi spesso ma con cui sai di star bene e poi la prospettiva di quel animale mitologico che sono “le amiche delle tue amiche” ha sempre una forte attrattiva anche sugli umori più schivi. Ovviamente accetto al volo anche sospinto dall’idea di non dover sentire nuovamente la voce di Stefano Bizzotto e comincio a zampettare per casa, sfregandomi le mani, manco fossi Gian Maria Caviggioni liberato dall’onere del concerto con la moglie2.
Giunto a destinazione in via *******,*, non senza qualche difficoltà anche perché il ricordo più vivo che ho della zona è un negozio di vestiti usati dove anni fa comprai dei pantaloni per mille lire, pantaloni che non ci sono più, come il negozio del resto, visti i prezzi, mi pare proprio il caso di dire, stracciati, il cancello del palazzo non vuole saperne di aprirsi e questo doveva già dirmi molte cose…
Sarà la scrivania artigianale su cui fieri e cibernetici stagliano due monitor ed un portatile, ambiente ovviamente amico a chi si è sparato anni di studi scientifici ma la prima parte della serata scorre via piacevole in un appartamento in cui mi trovo naturalmente a mio agio tanto da offrirmi di fare il caffé manco fossi a casa del mio migliore amico. Gusti musicali diversi, sigarette e trucchi si fondono in un ilare gioco misto di tensioni sotto e sopra pelle e brandelli di storie di ognuno di noi. Alla seconda figura di merda decido che il caso di stare attento a cercare di evitare certi argomenti e tra l’idea di fondare un nuovo blog a quattro mani e quella di scappare a Copacabana, se credessi nei karma, potrei dire che i nostri karma andavano gradualmente fondendosi. Il peccato fu decidere prendere la via della festa.
Più ci avviciniamo e più il bordello giovanile aumenta, l’adrenalina all’idea di un gran ritrovo si scioglie nelle vene e la difficoltà di trovare parcheggio diventa cosa minima. Passati l’insegna riattacco il cervello e la domanda mi sorge spontanea: “Ma si paga?” – “Mah penso di sì, un 10 euro” – e il pallore di quelle gote dark ed eleganti si trasferisce senza indugio sulla mia faccia ma per fortuna è buio e non si vede. Cesare avrebbe detto: “Alea iacta est”3, il Rubicone della cassa non era ancora passato ma il punto di non ritorno sì e mestamente estraggo dal mio portafogli inneggiante a ideali perduti, più o meno un’ora lorda di lavoro e mi accingo a pagare. Al primo piano ci aspetta il limbo del guardaroba ma non ci curiamo di loro, guardiamo avanti e passiamo4. In una totale antitesi dantesca il peggio ci aspettava più in alto. Il ritmo dei 150bpm si sta impadronendo spontaneamente dei nostri corpi e arrendiamo spalle, braccia e glutei alla base finché non giungiamo all’ingresso del capannone. Ora io non ho il minimo senso dello spazio ma quel posto sembrava grande almeno mezzo campo di calcio pieno zeppo più che di individui di unità. Mi faccio largo tra la folla a mani alzate manco fossi perquisito dalla polizia, mosso da un senso del pudore anacronistico, l’antifona è diversa: io devo essere qui per toccare, loro sono qui per farsi toccare, non ho capito un cazzo come al solito! Poi si fa largo, in me questa volta, l’idea che questa musica faccia cagare ad una percentuale dei presenti variabile tra il 40 e il 60% forchetta ampia, lo so, non me ne voglia Mannahimer5 ma che, comunque sia, qui, stasera, bisognava venire.
Non ho certamente la classe del bombarolo di De André, ho comunque provato il forte istinto di farmi saltare in aria come in un moderno ballo mascherato delle celebrità misto ad un senso di autolesionismo: forse non ci rendiamo conto, come d’altronde nemmeno i cuccioli del maggio, che il potere da abbattere siamo già noi.
Tra luci elettroniche e suoni stroboscopici passa un altro inutile6 (al grido di: “meglio autoreferenziali che banali!”) sabato sera milanese. Finalmente potrò dire: “Io c’ero!”.
Note:
1. Cili questa la contiamo tra le 10 epi- giornaliere!
2. vedi C. E. Gadda – Un “concerto” di centoventi professori
3. Caio Giulio Cesare nel 49a.C. sulle sponde del Rubicone
4. c’è bisogno della nota?
5. presidente della Società italiana di Studi Elettorali
6. vedi il post O che Chicca